Parlare di DSA è parlare di un Disturbo Specifico nell’ambito degli Apprendimenti.
Si tratta di un dominio specifico cui va affiancata anche l’unicità dello studente.
Sì, perché ogni ragazza o ragazzo e ogni bambino o bambina vive a modo proprio il disturbo, anche a fronte di profili di funzionamento, tecnicamente parlando, simili.
La variabilità individuale nell’ambito dei DSA è ampissima, ma sempre parliamo di una persona che ogni giorno ricomincia da capo, di uno studente che fatica ad automatizzare quei processi di apprendimento che in altri bambini o altri ragazzi avvengono in modo abbastanza spontaneo, se non del tutto spontaneo.
Bisogna però chiarire un concetto chiave e base: quando parliamo di dislessia, o più in generale di DSA, non parliamo di una difficoltà “intenzionale”, bensì di una difficoltà reale su un aspetto strutturale del funzionamento della persona che, poi, ha una ricaduta sulla prestazione scolastica.
Potrebbero anche esserci dei casi di falso positivo, ovvero uno studente che risulta dislessico ma, in realtà, ha solo alcune lacune di apprendimento.
In questi casi si possono mettere in atto dei meccanismi di potenziamento che aiutano a capire se è necessario procedere con un approfondimento di secondo livello, oppure se si tratta di una difficoltà momentanea.
Anche per questo motivo l’approccio migliore è quello che va oltre la certificazione considerando la persona nel suo complesso e trovando le modalità davvero funzionali per il ragazzo o la ragazza che lo aiutano ad orientarsi nello studio prima e nella vita poi.
La collaborazione tra tutti gli attori in scena (ragazzo, scuola e famiglia) è fondamentale affinchè qualsiasi intervento abbia successo e porti al successo.
Ovviamente deve esserci una volontà di collaborazione perché se si crea una distanza, tra quello che fa la scuola e quello che fa la famiglia, si creano dei fraintendimenti.
Nei fraintendimenti è molto difficile ottenere risultati e soprattutto dare la giusta attenzione agli aspetti emotivi.
Come ormai si sa alla base dell’apprendimento e della memoria è sempre preponderante l’aspetto emotivo, anche perché è una caratteristica umana e, quindi, molto importante da tenere in considerazione.
Se già in un bambino che non ha nessun tipo di problema di apprendimento l’ansia può essere presente, questa è a livello esponenziale in un bambino con DSA o deficit di attenzione.
In tutta questa complessità è forte la necessità di strutturarsi su una mentalità win-win, ovvero su un approccio che porti alla “vittoria” di tutti.
Il dialogo è certamente in questa direzione e uno degli strumenti di dialogo tra scuola e famiglia è il PDP, ovvero il Piano Didattico Personalizzato.
Un documento prezioso che contiene non solo le misure dispensative, ma soprattutto tutto quello che ruota attorno alla valutazione degli apprendimenti del ragazzo/a o del bambino/a, quindi l’accordo sui criteri di osservazione che ciascuno fa.
Foto di cottonbro