Partiamo da una frase-provocazione:
“Le strade dritte non hanno MAI prodotto piloti esperti”
Le “strade” dell’essere genitore non sono dritte, e forse non lo sono mai state, anche perchè si delineano non solo nel “fare” ma soprattutto nel nostro “essere”.
Stiamo affrontando una vera e propria rivoluzione nell’educazione genitoriale che necessita di un confronto più ampio.
Il ruolo del genitore sta attraversando un momento di cambiamenti molto veloci:
. i nostri figli sono più preparati di noi in alcuni aspetti
. il dialogo con loro è diverso…
Immaginiamo un funambolo che fa delle peripezie su una fune sospesa metri da terra mentre passa da un edificio all’altro. Nel momento in cui lo si osserva, è possibile percepire la tensione e capire quello che l’artista sta vivendo. Posso immaginarmi nei suoi panni benché non stia camminando sulla fune sospesa nel vuoto.
Questo fenomeno si chiama empatia.
Come genitori dobbiamo essere sempre più consapevoli che è fondamentale imparare l’empatia nei confronti de nostri figli.
Cosa vuol dire essere empatici?
Etimologicamente emphatos vuol dire io condivido con te la mia sofferenza.
In modo metaforico si usa dire “mettersi nelle scarpe dell’altro”, ma questo vuol solo dire avere la possibilità di entrare in sintonia profonda con l’altro ed essere in grado di appropriarmi in modo concreto di quello che può sentire e vivere l’altro, nonostante non stia succedendo a me o non sia successo a me.
Questo è uno dei meravigliosi meccanismi che abbiamo e che ci fanno sentire uniti gli uni agli altri.
Non c’è peggior dispiacere per un genitore che veder soffrire il proprio figlio o vederlo infelice.
Conoscere i livelli di empatia diventa quindi necessario per poter accompagnare i figli in modo coerente nella crescita.
Meglio essere empatici che perfetti!
L’empatia è una cosa con la quale si nasce o si crea poi nel progredire degli anni?
Per prima cosa occorre specificare che per poter leggere e capire l’empatia c’è bisogno sempre dell’altro.
E’ possibile entrare, o meno, in empatia solo nel momento in cui ci si interfaccia con un’altra persona.
Bisogna però anche dire che non siamo tutti empatici e non tutti nella stessa misura.
Con i propri figli risulta molto importante capire questo meccanismo e cercare di essere sempre più empatici.
I 3 livelli dell’empatia
Martin Hoffman è lo psicologo americano che ha descritto l’empatia in tre livelli
Al primo livello si coglie il vissuto dell’altro attraverso la lettura del viso, del corpo e quello che sta sentendo dal punto di vista emotivo, facendosene una rappresentazione mentale.
Al secondo livello, si passa al pensiero riuscendo a dare un nome all’interpretazione di ciò che l’altro sta vivendo (tristezza, rabbia, paura, …)
Il terzo livello avviene quando si cambia prospettiva e si condivide veramente ciò che accade.
Occorre imparare gradualmente a lavorare su questi tre livelli per capire e carpire queste modalità nei propri figli.
Un esempio per tutti è la frustrazione e il confronto con la tolleranza alla frustrazione che naturalmente avviene nella crescita.
La frustrazione nasce dall’emozione della rabbia che si scatena nel momento in cui viene posto un limite o si viene interrotti,…
Va infatti precisato che la frustrazione non è un’emozione ma è un sentimento.
Qual è la differenza tra emozioni e sentimenti?
Le emozioni sono reazioni che si scatenano in base alle circostanze della vita. Hanno una breve durata, tra i 90 secondi e i 2 minuti, dopo di che sparisce.
Il sentimento invece è quando l’emozione si attiva o si collega ad un pensiero.
Accompagnare gradualmente i figli nel vivere piccole frustrazioni fa si che, da grandi, possano essere in grado di gestire le proprie emozioni di fronte alle limitazioni che la vita può dare.
Questo entrare nel campo della regolazione del comportamento aiuta i figli ad essere in grado di confrontarsi con le diverse circostanze della vita.
Perchè i figli siano in grado di autoregolarsi è necessario che i genitori, prima, esercitino l’eteroregolazione, dando l’esempio di cosa sia l’autoregolazione, intervenendo e rispondendo alle sue richieste nei tempi adeguati.
Arrivare all’autoregolazione è un processo lungo, ma ci si arriva solo grazie ad un altro che accompagna.
Un po’ come andare in bicicletta o imparare a scrivere, è necessario che qualcuno affianchi, accompagni e spieghi come si fa.
Per ogni conquista, e soprattutto nell’ambito della gestione delle emozioni, c’è sempre la necessità di un altro con cui misurarsi o condividere i momenti di crescita.
Ecco perché, ricollegandoci alla frase iniziale, nessun pilota nasce esperto o lo diventa senza aver superato tanti ostacoli e qualche errore.
Attenzione però a non confondere la gestione con il controllo!
In educazione si parla sempre e solo di aiutare i figli accompagnandoli gradualmente nella gestione delle emozioni.
Come aiutare i bambini ad autoregolarsi?
Per insegnare ai figli ad autoregolarsi, i genitori in primis devono essere in grado di autoregolare le proprie di emozioni. Questa può essere una prima difficoltà. essere il primo ostacolo per noi genitori.
In secondo luogo occorre insegnare ai figli come fare per gestire le emozioni
Solo da ultimo il figlio impara a gestire in autonomia le proprie emozioni.
Questi sono i tre passaggi importanti per la conquista graduale delle competenze di intelligenza emotiva e di autoregolamentazione delle emozioni.
In tutto questo l’empatia ha un ruolo fondamentale nell’identificazione delle differenze tra le necessità e i desideri, altro aspetto che mette a dura prova i genitori.
I desideri possono essere tanti, mentre le vere necessità in realtà sono poche.
Possiamo riassumente in quattro macro aree le necessità:
- Fisiche, legate all’accudimento, al nutrimento, alla vicinanza fisica, quindi alla sopravvivenza e di adattamento continuo all’ambiente
- Emotive e di affetto legate alla necessità di stabilite un vincolo
- Cognitive legate all’apprendimento e all’emozione innata della curiosità attraverso la quale si continua ad imparare e si cerca di migliorarsi
- Sociali, legate al contatto e alla collaborazione e alla relazione con l’altro
Diventa ancora più chiaro come sia importante che il genitore abbia la piena consapevolezza dell’importanza di partire da se stesso, prima di tutto.
Mamma e papà devono conoscersi e riconoscere la propria evoluzione per capire le aree sulle quali ancora devono lavorare.
Come diceva Madre Teresa:
“Non preoccuparti tanto di ciò che dici ai tuoi figli ma preoccupati di più di quello che fai”
Foto di Caleb Oquendo: