A detta degli insegnanti la scuola da due anni è un “delirio”.
Quella che era la normale vita e professione è stata completamente stravolta dalla pandemia.
Si sono scatenate e generate molte situazioni nuove, improvvisate che sono accadute in modo inatteso.
Questo è il motivo per cui è risultato difficile e faticoso gestire la classe ed è diventato necessario attivare e attingere al coraggio per poter insegnare in tempi di pandemia.
Cosa vuol dire essere insegnanti in tempi di pandemia?
Essere insegnanti in tempi di pandemica richiede il saper gestire la DAD, la DID, il proseguire con la programmazione incastrando le lezioni con le quarantene dei bambini, dei colleghi o della propria famiglia.
Questa situazione impone che l’insegnante sappia in tutto questo organizzare la sua attività con l’obiettivo di continuare ad accompagnare i bambini e i ragazzi nella proposta educativa e formativa, consapevole che anche loro stanno attraversando un momento molto delicato.
Una sfida a colpi di attenzione
La sfida più grande che ogni insegnante deve affrontare è la capacità di attirare l’attenzione degli studenti.
Infatti occorre costruire le lezioni sempre di più tenendo in considerazione che gli insegnanti dovrebbero essere dei generatori di attenzione, perchè negli studenti fanno strada distrazioni, prima impensabili, da gestire e condizioni del tutto nuove.
Ciò che rimane invariato è che senza attenzione non c’è apprendimento, perché l’attenzione è una delle funzioni necessarie per attivare i processi di memoria che sono implicati nell’apprendimento.
Il coinvolgimento dei ragazzi è la strada per passare le informazioni, diversamente sono lezioni al vento e le ripercussioni poi non sono solo sul contenuto. Ne risente anche l’impegno dell’allievo con tutte le conseguenze note.
I ragazzi e la pandemia
L’incertezza e la paura che sono di sottofondo in questo tempo hanno profondamente cambiato il clima in classe.
Bambini e ragazzi sono delle spugne che assorbono tutto ciò che accade attorno a loro, ma non sempre hanno gli strumenti o la maturità per poter rielaborare le situazioni vissute.
Capita così che traducono in un comportamento che si può definire negativo o in un malessere anche fisico il non riuscire a comprendere ciò che li circonda.
Non è raro che tanti ragazzi manifestino ansia o siano andati in crisi quando hanno dovuto rientrare a scuola in presenza dopo tanto tempo in isolamento dai compagni ed amici.
5 suggerimenti salva-insegnante
La mia esperienza di formatrice sia di ragazzi che di insegnanti mi ha portata a elaborare 5 suggerimenti per continuare a gestire con coraggio oggi la classe, la lezione e il proprio ruolo.
Sono riflessioni che attingono alla neuropedagogia e alla neuropsicoeducazione perché non possiamo discostarci dalle richieste che bambini e ragazzi ci fanno quotidianamente.
Accettazione in primis
Il primo consiglio è proprio partire dall’accettare che si tratta di una situazione transitoria.
Vero che dura da due anni, ma ciò che stiamo vivendo non è definitivo e prima o poi arriveremo alla fine di tutto questo.
Il vedere che c’è una luce in fondo al tunnel ci aiuta ad attivare la speranza e questa richiama il coraggio.
Per gestire al meglio questo momento così importante il primo passaggio è accettarlo e non subirlo.
Nuove competenze e nuove soluzioni
Il secondo passaggio è quello di riconoscere che comunque questo momento è servito per imparare l’utilizzo di nuovi strumenti.
Probabilmente sarebbero arrivati in ogni caso, visto che le nuove generazioni sono sempre più improntate verso i nuovi strumenti informatici.
Questa pandemia ha certamente accelerato l’apprendimento di nuovi software, piattaforme e tecnologie in quanto sono diventate necessarie per svolgere quella che una volta era la vita scolastica solo in sola presenza.
L’aver imparato e integrato i nuovi strumenti è diventato importante e serve per condurre e migliorare sempre di più la didattica.
Un allenamento di pazienza
La terza considerazione è legata al fatto che abbiamo imparato a coltivare la pazienza sia verso di noi che verso gli altri.
Sarà certamente capitato di vivere sbalzi d’umore o forti momenti di stress e tensione all’interno di una giornata ma questa pandemia è stata un intenso allenamento alla pazienza.
E’ bene quindi ricordare che si vive un momento transitorio, e proprio per questo l’impegno ad essere pazienti deve essere maggiore.
Bambini e ragazzi percepiscono quando ci sono delle tensioni tra gli adulti di riferimento per loro, essendo loro spugne.
Per esempio, non occorre dire che una maestra è arrabbiata con un’altra perché loro leggono questo messaggio dai gesti e dai comportamenti che le maestre hanno tra di loro. Gli alunni vedono e assorbono la presenza di tensioni e malcontenti, ma non sanno dare una connotazione di che cosa stia succedendo e del perché.
Ecco che si attiva l’attenzione nei ragazzi, ma non verso la lezione o l’argomento bensì verso quella tensione che li ha messi in allerta.
In quel momento l’apprendimento è l’ultimo dei loro pensieri perché sono più preoccupati di capire cosa sta succedendo tra gli adulti, a chi possono affidarsi e a chi far riferimento.
Attenzione allo stato emotivo
La quarta considerazione viene dal riflettere quanto sia importante mantenere uno stato emotivo positivo.
Lo stato emotivo implica saper gestire le emozioni e non cercare di controllare.
E’ utile sottolineare e ribadire questa cosa perché tanto più si cerca di controllare la situazione e gli stati d’animo tanto più si disperde energia mentale, fisica e sociale.
E’ quindi molto importante avere la capacità di imparare a gestire quello che possono essere gli stati emotivi senza scivolare nel volerli controllare a tutti i costi.
Mai come ora occorre essere dei bravi risolutori di problemi, mai come ora occorre attivare coraggiosamente l’abilità di problem solving.
La mente è talmente subissata di imprevisti e di cose inattese da mettere tutto in discussione.
Ed ecco perché è importante sapere che questi stati emotivi possono essere gestiti affrontandoli con ottimismo realistico
Essere ottimisti realisticamente non vuol dire che “va tutto bene”, vuol dire essere consapevoli che nonostante i problemi che si devono affrontare si possono trovare delle soluzioni affinché ritorni l’equilibrio perso.
E’ fondamentale che l’insegnante sappia gestire e sia consapevole del proprio stato d’animo nel momento in cui si pone di fronte alla classe.
L’equilibrio tra le varie esigenze didattiche da affrontare causa un dispendio importante di energia necessario per tutelare sia l’insegnante che gli alunni.
In alcune circostanze la situazione di vulnerabilità generale richiede flessibilità per poter affrontare ogni giorno la classe, la didattica, i colleghi e i genitori.
La motivazione iniziale
L’ultimo consiglio riguarda una sintesi di questi quattro punti precedenti, ovvero il tenere sempre presente il perché si è scelto di fare questa professione che non deve essere considerata solo una missione.
L’insegnare e il decidere di far parte di un team richiede una parte di passione, di talenti da mettere a disposizione, di accettare di mettersi in discussione davanti ai più piccoli riconoscendo che tutto questo rappresenta un’opportunità di crescita.
Solo ricordando questo è possibile attingere al coraggio che è una preziosa risorsa interna di ciascuno.
Un piccolo trucco finale
In una giornata sono tanti i pensieri che attraversano la mente di ciascuno.
Secondo una teoria nel nostro dialogo interno, l’ottanta per cento di questi pensieri sono di tipo negativo nei nostri confronti, ciò vuol dire che per l’80% del tempo diciamo a noi stessi cose brutte e solo per il 20% cose positive che ci fanno stare bene.
Su cinque pensieri che facciamo ben quattro sono di tipo negativo mentre uno solo è positivo.
Basterebbe, e questo è provato scientificamente, che i pensieri negativi scendessero a 3 per avere un impatto positivo nell’approccio della nostra attività quotidiana.
Il nostro dialogo interno è spesso depotenziante e critico, la soluzione non è zittirlo, ma incominciare a lavorare sul cambiare la prospettiva mettendo in discussione il pensiero affinché ne diminuisca la carica emotiva negativa.
In questo senso, dare ai ragazzi dei rimandi positivi è un primo passo per iniziare a scardinare le convinzioni negative che hanno di loro stessi e le credenze in base alle quali si comportano.
Foto di Julia M Cameron da Pexels